Sull’architetto, i media e la società

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Si ritiene ancora che parlare e scrivere di architettura sia materia da affidare a una critica di élite, a ricerche accademiche o ad elevati ambiti scientifici. Oppure si cade in quei superficiali prodotti di marketing spinto, che provano a meravigliare le ampie e impreparate platee oltre lo schermo.

La comunicazione mancata, o ancor peggio la comunicazione inadeguata, dell’architettura è un peccato del quale continuiamo a pagare penitenza. Si è instaurata infatti una triste consuetudine.  Ogni qualvolta vengono presentati progetti di opere pubbliche, i media, non dimenticando certo di riportare proclami e foto del sindaco e dell’assessore di turno, e pur facendo ampio sfoggio di immagini del progetto, tralasciano di citare il nome del progettista, figuriamoci poi i contenuti che lo hanno strutturato.

Questo non è normale. Non è normale che in un’opera non emerga l’architettura e la figura dell’architetto. Ed oltremodo dannoso, in quanto relega il progettista a figura marginale o inaccessibile del processo. Fenomeno o modalità che non ha certo riscontro all’estero, dove mai nessuno si permetterebbe di omettere l’autore di un’opera d’arte.

Tuttavia, va riconosciuto che i primi responsabili della nostra assenza siamo proprio noi architetti. Non ci siamo mai dedicati più di tanto a divulgare e promuovere il nostro ruolo nella società, e a coinvolgere il grande pubblico. Continuiamo a considerarlo un ambito solo per grandi brand dell’architettura, affidando il senso del racconto del nostro lavoro solo al palesarsi dell’opera e senza intermediazioni.

Credo invece che, senza alcuna autoreferenzialità, sia indispensabile considerare la comunicazione dell’architettura una parte fondamentale del nostro operare. Un impegno che va oltre il rapporto tra l’architetto e il committente e che ha a che fare con l’intera società.

Daniele Pezzali

danielepezzali@gaau.it

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