In questi mesi è in corso un progetto che mette insieme scuola e città e che si intitola “Abitare il Paese. La cultura della domanda – i bambini e i ragazzi per un progetto di futuro”. Promosso dal Consiglio Nazionale degli Architetti e dalla Fondazione Reggio Children, si tratta di un’azione di co-progettazione territoriale sviluppata in tutte le regioni italiane, basata sull’idea che i bambini e i ragazzi saranno al centro della città del futuro.
Il progetto, che raccoglierà l’esito del lavoro svolto dagli Ordini nelle scuole italiane partecipanti, si concluderà a fine marzo e sarà esposto a Roma con un evento alla fine di maggio. Nicoletta Congiu, Gabriella Incerti ed io stiamo lavorando presso l’Istituto Micheli, con una classe di II media e una di V elementare.
Il tema proposto ai ragazzi più grandi ha per titolo “La città della relazione, un ponte verso…” e usa il ponte come metafora delle relazioni e degli affetti: alla domanda disegna il tuo ponte ideale, i ragazzi hanno unito persone care che sono lontane. Quindi il ponte come collegamento tra due o più elementi, come metafora dell’unione sia fisica che affettiva, ma anche il sopra e il sotto, la diversità di vedute, di percezioni.
Prima abbiamo ascoltato i pensieri dei ragazzi, poi li abbiamo portati a visitare i ponti di Parma, dal Ponte Nord al Ponte di Mezzo, fino al ponte “di sotto”, cioè il Ponte Romano. Siamo scesi nel greto del torrente per percepire “il sotto”, la città dal basso. È attraverso lo sguardo che si è attuata quella presa di coscienza degli spazi urbani che speriamo essi tengano con sé per il futuro.
Accompagnati fuori dalla classe nella città, la maggior parte dei ragazzi ha risposto molto bene agli stimoli offerti. Il nostro metodo di lavoro è stato dare a ciascuno una cornice di carta con cui inquadrare la loro prospettiva preferita in ogni quartiere, o magari per inquadrare qualcosa di sbagliato, qualcosa che disturba. Non per forza uno sguardo positivo, piuttosto uno sguardo vero, reale.
Con la classe V delle elementari abbiamo visitato la periferia, nel quartiere della scuola, il San Leonardo. Loro stessi ci hanno portato a vedere gli spazi che conoscono, i loro spazi del cuore come i parchi, ma anche zone abbandonate che fanno un po’ paura. Manca solo l’ultimo incontro, dove raccoglieremo i loro disegni e taccuini per scoprire cosa hanno voluto dirci, la loro traccia per il futuro della città.
Adesso mi spiego davvero il perché di questo titolo: la cultura della domanda. Lavorando con i ragazzi ho capito quanto è importante ‘formare’ alla domanda, al bisogno di cose giuste e belle per vivere nella città, per il vivere sostenibile pensando al nostro pianeta. Se domani (nemmeno tra troppi anni) la loro domanda cambierà, ci auguriamo possa essere una domanda corretta, cosicché anche l’offerta si adegui e quindi sia giusta e bella, come ci insegnano le regole del mercato e del vivere civile.
Un alunno di 10 anni mi chiede: “Le auto elettriche non potrebbero costare pochissimo? Così tutti le cambierebbero e non ci sarebbero più quelle a benzina…”
“Tu che automobile vuoi da grande?”
“Un’auto elettrica!”
Ecco la domanda del domani.
Maria Paola Bezza