Si è da poco conclusa presso la Fondazione Massimo e Sonia Cirulli, a San Lazzaro di Savena, Bologna, la mostra “Universo Futurista” dedica alla principale avanguardia artistica italiana e interamente realizzata con opere della collezione permanente.
Si tratta della prima mostra organizzata nella nuova sede, un edificio progettato nel 1960 da Achille e Pier Giacomo Castiglioni per Dino Gavina, storico marchio del design italiano. Dopo la chiusura dell’azienda, i fabbricati abbandonati sembravano destinati a essere demoliti per far spazio a un parcheggio e invece si è scelto di recuperarli, con attenzione filologica, quale sede espositiva e per eventi.
Ma è soprattutto l’archivio della Fondazione a suscitare un indubbio interesse per chiunque si occupi di cultura del progetto: quasi 200.000 opere di oltre 100 artisti riconducibili al Novecento italiano che, oltre a dipinti e sculture delle principali correnti artistiche, raccoglie materiali di grafica pubblicitaria, fotografie, collage, disegni di architettura, lettere, opuscoli, libri, riviste e tutto quanto consenta di ricostruire il clima culturale dell’Italia dalla fine dell’Ottocento agli anni Sessanta.
Il patrimonio è frutto dell’attività trentennale dei fondatori che, oltre a utilizzare i tradizionali canali di acquisizione delle raccolte d’arte, presenta un’indubbia originalità: l’essersi costruito, soprattutto attraverso il recupero e il salvataggio degli archivi aziendali, il più delle volte destinati alla dispersione o alla distruzione, che al loro interno conservavano documenti, bozzetti, progetti, carteggi fondamentali per ricostruire il rapporto fra cultura e produzione industriale.
Come raccontato dallo stesso Massimo Cirulli, in occasione del finissage della mostra “Universo Futurista”, se molti sono i materiali della collezione frutto di questa febbrile attività di conservazione, tanti sono purtroppo i documenti andati perduti. Spesso infatti questo tipo di visione non giunge in tempo per salvaguardare gli archivi dalla loro definitiva distruzione.
Raccontare della Fondazione Cirulli e della sua attività di valorizzazione della cultura visiva italiana porta inevitabilmente a riflettere sul livello di sensibilità del mondo industriale italiano verso la propria storia, ma soprattutto sulla necessità di conservare la cultura progettuale che esso ha espresso nel corso del Novecento, essendo questo il tratto peculiare del cosiddetto “Made in Italy”.
Fabio Ceci